TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO Prima Sezione Civile Nella causa civile iscritta al n. r.g. 21309/2018 promossa da: F R , con il patrocinio dell'avv. Alessandra Sandri, presso il cui studio in Corso Cortemilia n. 3/1 in Alba e' elettivamente domiciliato; parte ricorrente; Contro: Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - ufficio della motorizzazione di Cuneo, rappresentato ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, presso cui e' domiciliato; parte convenuta. Il giudice dott. Luca Martinat, a scioglimento della riserva che precede, Osserva in fatto Il ricorrente ha presentato ex art. 700 codice di procedura civile un ricorso cautelare finalizzato ad ottenere la sospensione del provvedimento di diniego preventivo (motivato ex art. 120, comma primo, del decreto legislativo n. 285/1992 - Codice della strada - nel testo attualmente vigente) al rilascio della patente di guida, provvedimento a lui notificato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Ufficio della motorizzazione di Cuneo a seguito della segnalazione effettuata dal Prefetto circa l'esistenza di una causa ostativa (condanna ex art. 73 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990). A fondamento del ricorso il ricorrente ha esposto: 1) di esser stato condannato con sentenza resa dal Tribunale di Asti in data 2 febbraio 2018 su accordo delle parti ex art. 444 codice di procedura penale alla pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione ed € 2.000,00 di multa, con sospensione condizionale della pena, per il reato di cui al comma 5 dell'art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 per un fatto delittuoso del 7 dicembre 2017; 2) di aver successivamente alla condanna penale superato l'esame orale per il rilascio della patente di guida; 3) di aver tuttavia ricevuto il provvedimento impugnato contenente il diniego ex art. 120, comma primo, del decreto legislativo n. 285/1992 (Codice della Strada) attualmente vigente, al rilascio della patente, provvedimento a lui notificato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Ufficio della motorizzazione di Cuneo; 4) che il predetto provvedimento di diniego era motivato proprio ed esclusivamente in virtu' dell'automatismo previsto riga suddetta norma fra il diniego preventivo al rilascio della patente e la condanna per qualsiasi ipotesi delittuosa di cui all'art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, salvi gli effetti della riabilitazione penale, effetti che nella fattispecie in esame tuttavia non potrebbero intervenire ex art. 179, comma quarto, cp., prima di 3 anni dalla cessazione del periodo di sospensione condizionale della pena (senza dimenticare tempi «tecnici» necessari successivamente al decorso del suddetto termine per ottenere il provvedimento riabilitativo); 5) che, infatti, l'art. 120, comma primo, del decreto legislativo n. 285/1992 (Codice della strada) attualmente vigente prevede espressamente, per quanto rileva in questa sede, che «Non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi ...»; 6) che con sentenza n. 22/2018 la Corte costituzionale aveva gia' dichiarato l'illegittimita' costituzionale del secondo comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (Codice della strada) (comma disciplinante le ipotesi di revoca di una patente gia' concessa nel caso sopraggiungesse una delle condizioni ostative previste dal suddetto secondo comma) «nella parte in cui con riguardo all'ipotesi di condanna per reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida dispone che il prefetto "provvede" invece che "puo' provvedere" alla revoca della patente»; 7) che la fattispecie di reato per cui era stato condannato il ricorrente doveva essere considerata di lieve entita' (condanna per modesto quantitativo in detenzione di droghe leggere a fini di spaccio ex comma quinto dell'art. 73 del decreto del presidente della Repubblica n. 309/1990, come emergente dalla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti prodotta); 8) che, dunque, l'automatismo al diniego del rilascio della patente di guida previsto dal primo comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (Codice della strada), senza che sia cioe' consentito all'Amministrazione alcuna valutazione di adeguatezza ed opportunita' del diniego rispetto alla fattispecie concreta, doveva ritenersi sproporzionato ed irragionevole in relazione alla gravita' del caso concreto; 9) che, pertanto, il ricorrente concludeva chiedendo al Tribunale di effettuare un'interpretazione costituzionalmente orientata del disposto di cui al primo comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (ovvero in pratica veniva chiesto di estendere il dictum della sentenza della Corte costituzionale n. 22/2018 anche alla fattispecie di cui al primo comma, per quanto la pronuncia della Corte costituzionale sia stata espressamente riferita alla sola fattispecie del secondo comma), o in subordine di sollevare questione di legittimita' del prima comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 per le stesse ragioni gia' esposte dalla sentenza della Corte costituzionale n. 22/2018; 10) che, infatti, l'impossibilita di conseguire la patente impediva al ricorrente (trattasi di un giovane che sta ormai terminando il percorso di studi, professionali di poter cercare utilmente un lavoro, specie in considerazione del fatto di vivere in un piccolo paese di provincia, circostanza che rendeva necessario disporre di un mezzo motorizzato per poter accedere a qualsiasi lavoro. L'Amministrazione convenuta, quindi, ha contestato la fondatezza del ricorso, rilevando: 1) la differenza ontologica fra la revoca di una patente gia' concessa (ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 28511992 oggetto della sentenza della Corte costituzionale n. 22/2018) rispetto al diniego preventivo al rilascio, con conseguente impossibilita' di estendere il dictum della declaratoria di incostituzionalita'; 2) che, infatti, alla previsione di cui al primo comma doveva essere attribuita una finalita' meramente preventiva e non sanzionatoria, selezionando il primo comma semplicemente diverse ipotesi in presenza delle quali viene meno automaticamente l'affidabilita' morale di chi aspira a conseguire predetto titolo; 3) che la valutazione in capo all'Amministrazione era quindi vincolata e non discrezionale; 4) che, in ogni, caso la previsione di cui al comma prima faceva salvi gli effetti della riabilitazione penale, ottenuta la quale il ricorrente avrebbe potuto conseguire la patente di guida; 5) l'insussistenza del periculum in mora, potendo il ricorrente utilizzare i mezzi pubblici per i suoi spostamenti. Osserva in diritto In punto giurisdizione va ricordata la piu' volte citata sentenza n. 22/2018 della Corte costituzionale che da ultimo ha ribadito la giurisdizione del Giudice ordinario e non di quello amministrativo cosi' argomentando: "per risalente e consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, giudice regolatore della giurisdizione, provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 220 cod. strada (incidenti su diritti soggettivi non degradabili ad interessi legittimi per effetto della loro adozione, ne' inerenti a materia riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo) sono riservati, infatti, ala cognizione del giudice ordinario (ex multis, sezioni unite, sentenze 24 maggio 2014, n. 20406; 6 febbraio 2006, n. 2446; e, analogamente in tema di sospensione della patente, 27 aprile 2005, n. 8693; 11 febbraio 2003, n. 1993; 8 luglio 2996, n. 6232)". Nel merito va quindi osservato come al ricorrente il Ministero convenuto abbia notificato un provvedimento di diniego preventivo al conseguimento della patente di guida per aver ricevuto una segnalazione dal Prefetto in ordine all'esistenza di una causa ostativa al rilascio della patente ex prima comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (Codice della Strada), ovvero in concreto una condanna per un reato di cui all'art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990, evento cui la norma collega in via automatica il diniego al rilascio della patente, privando l'Amministrazione del potere di compiere qualsivoglia valutazione in punto opportunita' ed adeguatezza del diniego rispetto al caso concreto. Il Tribunale osserva quindi in punto profili di incostituzionalita' della norma in esame che con la sentenza n. 22/20113 la Corte costituzionale aveva dichiarato l'incostituzionalita' del secondo comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (che disciplina la diversa ipotesi della revoca di una patente gia' concessa per, fra l'altra, il sopraggiungere di una condanna per un reato di cui all'art. 73 del DPR n. 309/1990) per violazione del principi di eguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. "nella parte in cui con riguardo all'ipotesi di condanna per reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 2990, n. 309, che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida dispone che il prefetto "provvede" invece che "puo' provvedere" revoca della patente". Le argomentazioni a suffragio della suddetta declaratoria sono state quindi le seguenti: "La disposizione denunciata - sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una con dizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida - ricollega, infatti, in via automatica, medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una varieta' di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneita', atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, puo' riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entita'. Reati che, per di piu', possono (come nella specie) essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione del giudizio. Il che dovrebbe escluderne l'attitudine a fondare, nei confronti del condannato, dopo un tale intervallo temporale, un giudizio, di assenza dei requisiti soggettivi per il mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, riferito, in via automatica, all'attualita'. Ulteriore profitto di irragionevolezza della disposizione in esame e', poi, ravvisabile nell'automatismo della "revoca" amministrativa rispetto alla discrezionalita' della parallela misura del "ritiro" della patente che, ai sensi dell'art. 85 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, il giudice che pronuncia la condanna per i reati in questione «puo' disporre», motivandola, a per un periodo non superiore a tre anni" in quanto "mentre il giudice penale ha la "facolta'" di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, prefetto ha invece il "dovere" di disporne la revoca". La ratio decidendi della sentenza n. 22/2018 della Corte costituzionale, incentrata sulla violazione dell'art. 3 della Carta costituzionale, e' stata dunque triplice, ovvero: 1) l'automatismo della revoca della patente e legato a fattispecie di reato anche assai diverse quanto alla loro gravita; 2) i reati possono essere stati commessi anche molti anni prima della revoca della patente, con conseguente possibile venire meno dell'attualita' del pericolo connesso al rilascio della patente; 3) il giudice penale che emette una condanna per i reati di cui agli art. 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 ha la facolta' di disporre il ritiro della patente, mentre l'Autorita' amministrativa ha l'obbligo di effettuare la revoca. Tali profili di incostituzionalita', quindi, ad avviso della scrivente, possono essere riferiti anche alla analoga previsione di cui at comma prima dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (Codice della Strada), anche in combinato disposto con l'art. 16 della Cost. (per l'incidenza della norma sulla liberta' di movimento). In particolare, il primo profilo (diversa gravita' dei reati a cui la legge collega l'automatismo della revoca della patente) si presenta identico anche con riferimento alla previsione di cui al comma primo in punto diniego preventivo automatico al rilascio della patente. Anche il secondo profilo (possibile scarto temporale fra data di commissione del reato ostativo e revoca della patente) si presenta identico. Il terzo profilo (disparita' di trattamento rispetto al Giudice penale che, nel comminare una pena per reati di droga, puo' - e quindi non deve - ritirare la patente) presenta affinita' con la previsione di cui al comma prima dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (Codice della Strada), pur non essendovi identita'. Il Giudice penale, infatti, interviene (o meglio puo' intervenire) solamente a posteriori, ovvero solamente per revocare una patente gia' concessa, non essendo invece focalizzato ad impedire il conseguimento di una patente non ancora in esistenza. Tale ultima ipotesi, in effetti, e sostanzialmente disciplinata proprio dal comma prima dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 oggetto del presente scrutinio, vista che tale norma dispone esattamente l'automatismo ha condanna penale per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 e diniego preventivo al rilascio della patente in sede amministrativa. La previsione del suddetto automatismo, quindi, ad avviso della scrivente si pone in contrasto con i principi di eguaglianza, proporzionalita' e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. (anche in relazione agli interessi tutelati dall'art. 16 Cost.), non parendo in effetti ragionevole che l'Autorita' amministrativa non possa svolgere alcuna valutazione di opportunita' nell'adottare un provvedimento di diniego preventivo al rilascia della patente quando in una fattispecie assai simile i Giudice penale ha la possibilita' di effettuare una valutazione di opportunita' nel revocare una patente gia' concessa: ad identita' di ratio legis (impedire che un soggetto ritenuto non degno possa conseguire la patente a mantenere la patente di guida gia' ottenuta) dovrebbe infatti seguire identita' di previsione normativa in punto discrezionalita' a meno nell'adozione della misura, indipendentemente dall'organo chiamato alla suddetta valutazione (Giudice penale a Autorita' amministrativa). Un quarto profilo di incostituzionalita' emerge, sempre per violazione dell'art. 3 Cost. (anche in relazione agli interessi tutelati dall'art. 26 Cost.), infine, dal testo del secondo comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 cosi' come risultante dalla piu' volte citata sentenza della Corte costituzionale n. 22/2018. Pare infatti irragionevole e non proporzionato ex art. 3 della Cost. attribuire in capo all'Autorita' amministrativa in caso di revoca della patente gia' concessa un potere discrezionale di valutazione della gravita e dell'attuale rilevanza di condanne penali per reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/19901 e non attribuire un analogo potere all'Autorita' amministrativa in caso di diniego preventivo al rilascio della patente, sempre in relazione alle identiche condanne penali per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990: l'identita' sostanziale della situazione giuridica soggettiva e della ratio legis pare infatti imporre una soluzione legislativa omogenea e coerente. Ritiene quindi lo scrivente che la norma in esame debba essere sottoposta a scrutinio di costituzionalita' per i 4 profili sopra descritti. In via subordinata, limitando lo scrutinio di costituzionalita' ad un'ipotesi piu' circoscritta, va aggiunto che la previsione di cui al primo comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 secondo cui il diniego preventivo al rilascio della patente viene meno in caso di intervenuta riabilitazione penale non appare di per se idonea a superare i profili di incostituzionalita' sopra riferiti, in quanto ciascuno di essi puo' a ben vedere sussistere in un (anche lungo) arco di tempo in cui la parte non e' nelle condizioni temporali (per non essere decorso ancora il periodo previsto dal codice penale per conseguire la riabilitazione) o di altra ragione per chiedere la riabilitazione penale. Potrebbe, infatti, essere sostenuto (come fa l'Amministrazione convenuta) che la previsione del venire memo del diniego preventivo automatico al rilascio della patente in rasa di ottenimento della riabilitazione penale sia in grado di superare profili di incostituzionalita' riscontrati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 22/2018, in quanto pone un limite temporale e di meritevolezza al divieto normativo. Lo scrivente tuttavia non condivide tale valutazione. Permangono, infatti, i seri dubbi di costituzionalita' sopra esposti nell'automatismo della previsione normativa prevedente il diniego preventivo al rilascio della patente, sia quando la parte non si trovi nelle condizioni temporali o di altra natura per potere chiedere la riabilitazione sia quanto la parte si trovi nelle predette condizioni. Pare, infatti, sempre irragionevole la disparita di trattamento rispetto alla previsione discrezionale del ritiro della patente da parte del Giudice penale (in quanto, nell'immediatezza della condanna, il Giudice penale puo' non ritirare la patente, mentre l'Autorita' amministrativa e' in ogni caso impedita nel rilasciare la patente per molti anni dopo la condanna penale e sino alla riabilitazione senza la possibilita' di alcuna valutazione d'opportunita'). Identico ragionamento deve essere svolto in relazione alla disparita' di trattamento rispetto alla previsione di cui al comma secondo dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 cosi' come risultante dalla piu' volte citata sentenza della Corte costituzionale n. 22/2018 (in quanto, a seguito della condanna penale, l'Autorita' amministrativa puo' non revocare la patente, mentre la stessa Autorita' amministrativa e' in ogni caso impedita nel rilasciare la patente per molti anni dopo la condanna penale e sino alla riabilitazione senza la possibilita' di alcuna valutazione d'opportunita'). Infine, la necessita' di dover attendere la riabilitazione penale per il venir meno del diniego preventivo al rilascio della patente contrasta anche con gli ulteriori profili di incostituzionalita' sopra riferiti, ovvero l'automatismo del diniego malgrado la diversa gravita' del fatti di reato ed il diverso tempo trascorso dalla commissione del reati stessi. Viene quindi proposta anche una piu' limitata questione di costituzionalita' del prima comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992, identica a quella proposta in via principale, ma con la sola limitazione del vaglio costituzionale all'ipotesi in cui la parte non possa (per ragioni temporali a altra causa) giovarsi della riabilitazione penale al fine di elidere gli effetti ostativi al rilascio della patente derivanti da una condanna per i reati di cui agli 73 e 74 del DPR n. 309/1990, pur ribadendosi, tuttavia, in via principale la tesi per cui gli effetti della riabilitazione penale non rilevino in ogni caso al fine del superamento del profili di incostituzionalita' sopra riferiti. In effetti, se la parte ha conseguito la riabilitazione penale, viene ovviamente meno in via automatica l'effetto ostativo di cui al prima comma dell'art. 120 del decreto legislativo n. 285/1992. La riabilitazione penale, tuttavia, presuppone da un lato il decorso di un certo periodo di tempo dall'esecuzione della pena nonche', dall'altro lato, uno scrutinio piu' severo rispetto a quello introdotto dalla sentenza n. 22/2018 della Corte costituzionale in relazione al secondo comma dell'art. 120 del decreto legislativo n. 285/1992 (per il conseguimento della riabilitazione, infatti, fra l'altro il condannato deve aver scontato la pena, fornito prove effettive e costanti di buona condotta nonche' adempiuto alle obbligazioni civili derivanti dal reato, mentre ex sentenza n. 22/2018 deve aversi a riguardo ad ipotesi meno pregnanti, quale la gravita' del fatto e l'attualita' del pericolo). Da quanto precede possono quindi essere ipotizzati casi (come quello oggetto del presente procedimento) in cui la parte non e' nelle condizioni di ottenere la riabilitazione penale per difetto dei presupposti di legge temporali e/o sostanziali (e quindi per essa resta vigente l'impossibilita' disposta in via automatica di conseguire la patente), ma rispetta i criteri di discrezionalita' di cui alla sentenza n. 22/2018 della Corte costituzionale adottata in riferimento al secondo comma dell'art. 120 del decreto legislativo n. 285/1992 (e quindi in questo caso la parte potrebbe non vedersi revocata la patente alla luce di una valutazione discrezionale di adeguatezza da parte dell'Amministrazione). I profili di incostituzionalita' sopra riferiti per disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi simili e rispetto alla gravita' dei fatti (anche sotto un profilo temporale), pertanto, ad avviso dello scrivente rimangono intatti, malgrado la previsione normativa presente nel comma prima dell'art. 120 del decreto legislativo n. 285/1992 in punto riabilitazione; in ogni caso, viene proposta anche la questione di costituzionalita' piu' limitata. Osserva in punto esistenza di un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma Ritiene la scrivente che non sia possibile, atteso il dato letterale inequivoco del comma prima dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (Coclice della Strada), fornire alla suddetta norma un'interpretazione costituzionalmente orientata (ovvero, in concreto, procedere con l'applicazione della sentenza n. 22/2018 della Corte costituzionale dettata solamente per la fattispecie di cui al comma secondo anche alle ipotesi di cui al comma primo), come invero richiesto dalla difesa del ricorrente. Il dato letterale del comma primo, infatti, esclude un'interpretazione giudiziale che attribuisca un potere discrezionale di valutazione in capo all'Amministrazione in punto diniego preventivo al rilascio della patente. L'interpretazione costituzionalmente orientata, invece, presuppone che il dato normativo consenta una certa interpretazione (per quanto eventualmente mai in precedenza applicata dagli operati del diritto), ipotesi non sussistente nella fattispecie in esame. E quindi va ricordato che "non spetta allo Stato, e per esso alla Corte di cassazione, disapplicare le leggi regionali, neppure qualora appaiano in contrasto con la legislazione statale, dovendo qualora dubiti della legittimita' costituzionale di una legge, rimettere gli atti alla Corte costituzionale che e' il solo organo deputato a compiere tale verifica di costituzionalita'" (Corte costituzionale, 14 giugno 1990, n. 285). L'interpretazione costituzionalmente orientata, infatti, deve essere "compatibile con la lettera della legge e fa cornice normativa entro cui essa si inserisce" (Corte costituzionale, 06/12/2017, n. 253), sicche' ad esempio non puo' essere accolta l'eccezione di inammissibilita' per omesso previo tentativo di interpretazione costituzionalmente orientata delle questioni incidentali di legittimita' costituzionale qualora "stante la univocita' delle disposizioni censurate (non suscettibili di letture alternative, che del resto la stessa Avvocatura dello Stato neppure prospetta), non vi era, nella specie, spazio per un tentativo di esegesi adeguatrice di cui possa addebitarsi al rimettente l'omissione" (Corte costituzionale, 12/10/2017, n. 213), principio perfettamente applicabile nella fattispecie in esame. Infatti, "a fronte di adeguata motivazione circa l'impedimento ad un'interpretazione costituzionalmente compatibile, dovuto specificamente al "tenore letterale della disposizione", la possibilita' di un'ulteriore interpretazione alternativa, che il giudice a quo non ha ritenuto di fare propria, non riveste alcun significativo rilievo ai fini del rispetto delle regale del processo costituzionale, in quanto la verifica dell'esistenza e della legittimita' di tale ulteriore interpretazione e' questione che attiene al merito della controversia, e non alla sua ammissibilita'" (Corte costituzionale, 24/02/2017, n. 42). Osserva in punto rilevanza nel caso concreto La questione di legittimita' costituzionale prospettata (compresa quella subordinata in quanto limitata all'assenza di discrezionalita' nel diniego preventivo al rilascio della patente allorquando la parte non puo' per ragioni temporali o per altri motivi domandare la riabilitazione penale) e manifestamente rilevante nella fattispecie in esame. Il ricorrente, infatti, si e' visto negare il rilascio della patente senza alcuna valutazione specifica del caso concreto, in stretta applicazione del dettato normativo di cui al comma primo dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (Codice della Strada). Per completezza in relazione alla questione di costituzionalita' sollevata in via subordinata, va aggiunto che il ricorrente non puo' ancora richiedere la riabilitazione penale (che fa venire meno i presupposti per il diniego preventivo) per non essere decorso il termine di legge (3 anni dalla condanna sospensivamente condizionata). Qualora, invece, la norma censurata fosse dichiarata incostituzionale (anche per la questione subordinata) con estensione dei principi costituzionali di cui alla sentenza n. 22/2018 della Corte costituzionale dettata in relazione al secondo comma dell'art. 120 decreto legislativo n. 285/1992 (Codice della Strada), il ricorso cautelare dovrebbe trovare accoglimento in considerazione della modesta gravita' dei fatti a fondamento della condanna penale (per di piu' ex art. 444 c.p.p., per un'ipotesi di reato di cui al comma quinto dell'art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990), la quale ha comportato una pena detentiva a sua volta modesta di 1 anno e 4 mesi di reclusione, fra l'altro interamente sospesa, nonche' in considerazione del tempo trascorso senza recidiva (un anno), della giovane eta' del ricorrente (19 anni) e della rilevante incidenza (in punto periculum in mora) del diniego della patente sulla vita quotidiana del ricorrente stesso in punto mobilita, anche ex art. 16 Cost. Ora pure detto che e' stata dimostrata l'esistenza di una proposta di lavoro che presuppone il possesso della patente), avendo egli la necessita' per qualsiasi spostamento di servirsi do un mezzo di trasporto privato ricorrente, infatti, non risiede in luoghi serviti da adeguati mezzi di trasporto pubblico). Il mantenimento in vita della disposizione, invece, comporta inevitabilmente il rigetto del ricorso. Il giudizio, quindi, non puo' essere definito senza la pronuncia di costituzionalita'.